venerdì 26 febbraio 2010

AMARCORD / LA LEZIONE DEL “MONDO”



AMARCORD / LA LEZIONE DEL “MONDO”

“Il Mondo”(1949-1966), il periodico diretto e fondato da Mario Pannunzio, fu per molti della mia generazione , non solo un prezioso e prestigioso organo di informazione scritto dal fior fiore degli intellettuali del tempo, italiani e non, ma anche una vera e propria scuola di un modo affatto nuovo, almeno per il nostro Paese, di fare giornalismo tramite la fotografia: chè i fotografi che vi collaboravano - dal mitico Cartier-Bresson, fondatore, insieme a Robert Capa e a David Seymour, della famosa Agenzia Magnum, a fotografi del calibro di Federico Patellani, Enzo Sellerio e altri - costituivano il meglio di ciò che altrove era stato definito, già da tempo, come “fotogiornalismo”.

Va senz'altro ascritto al “Mondo” a quest'ultimo proposito, per esempio, se incominciò a farsi finalmente strada anche nel nostro Paese l'opinione secondo cui, accanto al fotografo che toccato, per così dire, dall’aura del genio era solito produrre fotografie invariabilmente belle, ispirate e per lo più a se stanti, c'era anche il fotografo che, molto più modestamente e prosaicamente, era solito invece produrre fotografie correlate fra di loro e in cui la maggior attenzione era posta in genere più al contenuto che alla bellezza formale, al fine di documentare, quanto più esaurientemente possibile, un determinato tema o problema: svolgendo, con altri mezzi, una funzione affatto analoga a quella del giornalista.

E non fu certamente un caso se, dopo il successo del “Mondo”, dovuto soprattutto alla finissima sensibilità fotografica e giornalistica del suo fondatore e direttore, il fare informazione per immagini, preoccupandosi soprattutto di documentare e informare, anziché ricercare a ogni costo la fotografia “bella e ispirata”, attecchì diffusamente nella stampa periodica italiana e precipuamente in rotocalchi quali “L’Espresso”, “Epoca” etc., notoriamente improntati per lo più a tale modo di fare giornalismo, che in seguito a ciò, e a dispetto di taluni anacronistici soloni del giornalismo nostrano, incominciò ad acquistare anche nel nostro Paese la dignità e la considerazione di cui già godeva da tempo in altri Paesi, fra cui, in primo luogo, gli Stati Uniti.

ENZO PEDROCCO

sabato 20 febbraio 2010

IL FUTURO DI VENEZIA E LE GENERAZIONI PIU' GIOVANI






IL FUTURO DI VENEZIA
E LE GENERAZIONI PIU' GIOVANI

Considerato l’andazzo tutt’altro che confortante relativo alle sue vicende economiche e politiche, affinché Venezia non sia inevitabilmente e inesorabilmente destinata in un futuro non troppo lontano a diventare altro da sé, riducendosi a un malinconico e triste simulacro di se stessa, trovo che sarebbe oltremodo auspicabile, se non proprio d’uopo, che nelle sedi più opportune, quali, a esempio, la famiglia e la scuola, ci si prodigasse molto più di quanto oggigiorno non avvenga al fine di instillare nel cuore delle generazioni più giovani, che costituiranno la futura cittadinanza veneziana di domani, l'amore e il rispetto per Venezia e le sue tradizioni.

La questione di fondo nel problema della salvezza di Venezia e della sua salvaguardia, che sottintende e ingloba tutte le altre questioni, è, non a caso, proprio quella dei suoi futuri abitanti. Dal cui numero, ma anche, soprattutto, dall'amore e dal rispetto che essi nutriranno nei suoi confronti dipenderà ovviamente la continuità o meno dell’identità che l'ha fin qui contraddistinta e resa unica e incomparabile. In mancanza della quale, anche una volta che venisse garantita definitivamente la sopravvivenza fisica di Venezia e resa magari florida e prospera come non mai la sua economia, va tuttavia da sé che non sarebbe più, ahinoi, Venezia.

ENZO PEDROCCO

venerdì 12 febbraio 2010

WRITERS / EST MODUS IN REBUS



WRITERS / EST MODUS IN REBUS

Vi sono momenti e modi, fortunatamente rarissimi, in cui l'arte, foss'anche la più eccelsa e sublime di questo mondo, potrebbe tuttavia correre il rischio di non risultare apprezzabile e gradita, come in genere avviene. E risultare, invece, oltremodo insopportabile e affatto gratuita.

Ipotizziamo, a mo’ di esempio, uno Chopin redivivo che abitasse in un condominio e che di notte pretendesse di mettersi al pianoforte per eseguire qualcuna delle sue celebri sonate: per quanto magistrale, seducente e inebriante risultasse oggettivamente la sua esecuzione, quanti condomini, disturbati nel loro sonno e considerando senz'altro irrilevante il fatto di avere a che fare con un genio, non esiterebbero a invocare il silenzio e il rispetto dei propri diritti, se non a mandarlo dritto-dritto, per così dire, a quel paese?


E accadrebbe grosso modo la stessa cosa, a mio avviso, se, anziché Chopin, ipotizzassimo redivivo un Picasso il quale si comportasse alla stregua dei cosiddetti writers che nelle nostre città, com’è noto, sono soliti creare estemporaneamente le loro opere sulle facciate di ogni sorta di edificio sia pubblico che privato, a prescindere dalla monumentalità o meno di questo. Quanti di noi, ancorché estimatori dell'arte del grande genio spagnolo, non insorgerebbero, infatti, sollecitandolo a riserbare la sua opera, al massimo, per qualche anonimo e insignificante edificio, situato, possibilmente, in periferia e magari anche degradato?

Tutto ciò per dire che allorché, come spesso accade, viene criticato l'operato dei writers non è affatto in discussione l'artisticità dei loro graffiti, che ognuno, a seconda del proprio gusto estetico, è libero di vedervela o meno, bensì semplicemente la illegittima e arbitraria pretesa da parte loro di trasformare le facciate delle nostre case e degli edifici pubblici cittadini, non esclusi quelli di rilevante importanza architettonica e monumentale, in una eterogenea rassegna d'arte "en plein air", invariabilmente stridente con il contesto urbano e, soprattutto, non richiesta da chicchessia.

ENZO PEDROCCO

lunedì 8 febbraio 2010

IL MITO ROMANTICO DI VENEZIA




il mito romantico di venezia

DURO A MORIRE nonostante LA VENEZIA CARA A Thomas Mann e MAHLER, E A TALUNI INVETERATI NOSTALGICI DI OGGIGIORNO, NON SIA ORMAI CHE UNA PALLIDA REMINESCENZA DEL PASSATO LUNGI DAL CORRISPONDERE ALLA REALTA’



Sono dell'avviso che si possa e si debba amare Venezia senza, per questo, rinunciare all'uso critico della ragione e alla sua evidenza. Di qui la mia idiosincrasia allorché, al fine di approfondire il mio rapporto con la città in cui ho la ventura di vivere, sono solito addentrarmi nella vasta e variegata pubblicistica a essa relativa, nei confronti di taluni savants sia italiani che stranieri, peraltro autorevoli e stimabili, ma con un'immagine affatto precostituita e romantica di Venezia che non corrisponde più, ormai da lungo tempo, alla realtà veneziana. E che, nonostante ciò, non si peritano tuttavia di pontificare e sentenziare con sicumera e saccenteria - in ossequio a che cosa, francamente, non è dato sapere – sui complessi e controversi problemi da cui è suo malgrado afflitta Venezia e in cui sono impegnati, non certo a caso, i migliori specialisti dei diversi ambiti sia umanistici che scientifici.

Mentre è ovvio che la mia adesione, per converso, vada invece a tutti coloro – intellettuali, tecnici, politici e semplici cittadini - che, molto più realisticamente e senza alcuna preclusione aprioristica nei confronti del nuovo, sono in genere consapevoli che un'adeguata soluzione dei problemi di Venezia potrà esservi soltanto a condizione che venga sempre tenuto nel debito conto, dopo averlo preliminarmente affrontato senza salti di analisi e di informazione, l'insieme rigoroso di interdipendenze storiche, naturali, economiche e politiche che ogni problema relativo a una città sui generis qual è Venezia, volenti o nolenti, invariabilmente comporta.

ENZO PEDROCCO

martedì 2 febbraio 2010

VELOCITA' E SICUREZZA





Quando ogni minuto guadagnato potrebbe essere prezioso, e ogni minuto perso rivelarsi magari fatale, non c'è ovviamente moto ondoso che tenga. E trovo anzi sia il caso di rammaricarsi, senza tema di esagerare, che i mezzi acquei dei vigili del fuoco - come, del resto, quelli del soccorso malati - a causa dei loro limiti non possano addirittura intervenire ancor più velocemente di quanto non facciano, che sotto il profilo della sicurezza - posto, ovviamente, che fosse possibile - ci farebbe sentire tutti un po' più rassicurati di quanto non avvenga (ENZO PEDROCCO)